L’effetto Tartini o terzo suono di tartini è un suono “fantasma” che si percepisce talvolta quando due suoni abbastanza intensi (e ricchi di armonici) giungono all’orecchio simultaneamente. È piuttosto comune ottenere questo suono sul violino suonando note doppie sulla prima e seconda corda. L’effetto in realtà assume forme diverse, in quanto il terzo suono compare a frequenze pari sia alla somma di (multipli delle) frequenze base, sia alla loro differenza, sia in corrispondenza di altre combinazioni.
Mentre la fondamentale mancante è sostanzialmente un’illusione, in certi casi il terzo suono può essere interpretato come un effetto fisico. Esso, infatti, si produce anche in casi in cui non è possibile addurre come spiegazione una fondamentale mancante. Questo fatto è stato interpretato come una prova del comportamento non lineare dell’orecchio umano. In poche parole, se l’orecchio non si comporta linearmente (il che avviene per intensità elevate del segnale di ingresso), esso può distorcere il segnale. In poche parole, questo significa che l’orecchio può aggiungere al segnale in ingresso frequenze che non appartengono al segnale stesso. Tali frequenze non sono illusorie, ma esistono fisicamente all’interno dell’orecchio, e corrispondono quindi a massimi fisici dell’onda di pressione cocleare. In particolare, esiste un tipo di distorsione, detta distorsione di intermodulazione, ben noto a chi si occupa di trasmissioni radio, che produce proprio armoniche di frequenza pari alla somma e alla differenza tra le frequenze dei suoni in ingresso.
Suonando due note contemporaneamente, l’orecchio percepisce note aggiuntive di varie frequenze pari ad opportune somme e differenze delle due note emesse: si parla in questi casi di suoni di combinazione. Fra questi il più importante da un punto di vista pratico è il cosiddetto terzo suono di Tartini, scoperto appunto dal Tartini nel ‘700. Il celebre violinista constatò infatti che suonando un bicordo ad un intervallo di 5a (ovvero con rapporto di frequenze 3:2) si sentiva al basso un’altra nota la cui frequenza corrispondeva a un numero di vibrazioni pari alla differenza fra quelle dei due suoni originari. Così, ad esempio, se un suono aveva 900 vibrazioni e l’altro 600, il suono ulteriore che si sentiva aveva 300 vibrazioni al secondo ed era, quindi, di un’ottava più grave.
Da un punto di vista fisico il fenomeno risulta particolarmente evidente suonando due note ad un intervallo di 5a poiché i prodotti di intermodulazione del second’ordine f2-f1 e del terz’ordine 2f1-f2, che sono normalmente disgiunti, in questo caso coincidono esattamente sommandosi.
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