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Musicoterapia: Musica ed Emozioni

 
Testi ed immagini compilati e supervisionati da Marco Stefanelli
 
 
La relazione tra musica ed emozioni è molto importante. In questo processo viene coinvolta l’amigdala che riceve rapidi input direttamente dal talamo prima che ci sia una elaborazione da parte della corteccia. Nell’architettura del cervello l’amigdala(13) ha una posizione privilegiata in qualità di sentinella delle emozioni capace all’occorrenza di espropriare il resto del cervello dalle sue funzioni. L’amigdala funziona come un archivio della memoria emozionale ed è quindi depositaria del significato stesso degli eventi; la vita senza l’amigdala è un’esistenza privata di molti significati personali. Ciò spiega le risposte immediate e a volte imbarazzanti nei riguardi della musica: come per es. commuoversi ascoltando un brano. La corteccia invece impiega più tempo per reagire agli input musicali, richiamando alla memoria particolari ricordi legati alla musica ascoltata. L’amigdala ha strette connessioni anche con l’ipotalamo che valuta il comportamento emotivo e garantisce una rapida risposta agli stimoli in entrata, soprattutto per quelli importanti per la sopravvivenza.
 
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Il sistema nervoso autonomo, costituito da simpatico e parasimpatico, è uno dei maggiori componenti neurologici delle emozioni. Il simpatico attiva il corpo aumentando la frequenza cardiaca, stimolando la secrezione di adrenalina e di altri neurotrasmettitori e la trasformazione del glicogeno per produrre energia. Il parasimpatico invece è un inibitore che abbassa la frequenza cardiaca, stimola la digestione e la secrezione salivare. E’ stato verificato che differenti tipi di musica possono stimolare sia il simpatico che il parasimpatico.

 

Ascoltare musica sembra stimolare anche il rilascio di endorfine coinvolgendo il sistema limbico che contiene un gran numero di recettori per gli oppioidi endogeni. Questo risulta particolarmente importante in relazione alle terapie effettuate con suono e musica. Sappiamo infatti che la musica ha la caratteristica peculiare di transitare senza mediazioni dagli apparati uditivi del sistema limbico, che è il centro dove sorgono le risposte emotive, mentre il linguaggio verbale moderno agirebbe più che altro sui piani analitici e logici dell’emisfero sinistro.

 

L’emozione è una energia ancestrale e naturalmente “primitiva” come può esserlo l’onda del mare, paragonabile all’onda del “mare interiore” dell’uomo. Le emozioni rappresentano quindi un livello primordiale più vicino ai centri delle energie del profondo, proprio perché più “primitivo” e non razionale, ma non per questo non intelligente, anzi, depositario di una intelligenza non mediata ed intuitiva che spesso sorprende la razionalità. Caricare una parola di emozione e di significato equivale a renderla vicina alla musica e quindi di dotarla di potenzialità vibratoria in grado di far vibrare i Chakra e di armonizzare l’essere umano durante il movimento delle energie interiori.

 

Le prime “emozioni” che raggiungono gli esseri viventi sono trasmesse da mezzi elastici, quali l’acqua del mare, il liquido amniotico ecc… e sono di tipo ritmo-sonico (musicale), come il battito del cuore materno. Con il suono e le vibrazioni, pertanto, siamo in grado di raggiungere le componenti emozionali più profonde. L’evoluzione degli esseri viventi ha determinato un progressivo aumento del livello di coscienza che è passata da una coscienza puramente emozionale, necessaria per la sopravvivenza e la perpetuazione della specie, sino a raggiungere la consapevolezza di sé, con una “psicologizzazione” delle emozioni medesime che sono gli archetipi più profondi della nostra personalità.
 
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Il corpo umano è un sistema concepito per vibrare; infatti udiamo, captiamo, inglobiamo non solamente attraverso le orecchie e il sistema neuro-cerebrale, ma anche per mezzo di un insieme di recettori sparsi un po’ dovunque sul corpo: il corpo al suono, risponde con un altro suono. Il corpo si comporta come un diapason che messo accanto ad un altro diapason si mette a vibrare alla stessa frequenza. Il corpo umano in stato di riposo vibra ad una frequenza intorno agli 8 cicli al secondo, che è anche la frequenza delle onde cerebrali “Alpha” prodotte dal cervello in stato di rilassamento, come non a caso la frequenza fondamentale della vibrazione terrestre è la medesima. E’ un tentativo perenne del corpo di aderire per mezzo del suono all’ordine e all’equilibrio dell’ambiente in cui vive. Dall’altro lato il corpo stesso è uno strumento che emette vibrazioni e suoni propri. Alcuni come i ritmi del respiro e del battito cardiaco sono udibili, e se disponessimo di un apparato uditivo adatto, potremmo perfino “sentire” la nostra armonia personale. Il corpo riceve musica, la trasforma interiormente in emozione e risponde con vibrazioni proprie, con una musica propria.

 

La musica è il mezzo per intrattenere i giusti rapporti con la Natura, per conservare la coesione di un gruppo umano, per mantenere l’equilibrio psicofisico di ciascun membro della comunità e l’unione tra il corpo e lo spirito.
Esiste un sottile scambio emotivo e fisico tra ascoltatore, esecutore e il resto del pubblico. Una delle caratteristiche dei concerti e delle esecuzioni dal vivo è che si ascolta sia con la propria energia che con quella collettiva. L’accumulo di attenzione da parte del pubblico crea un intenso campo energetico che può esercitare una forte influenza sia nella produzione dei suoni sia negli effetti sul corpo e sulla mente dei presenti. Gli effetti e le influenze della musica sono tanto più evidenti quanto più siamo disposti a fare esperienza, quanto più siamo abbandonati alla musica che stiamo sperimentando tanto più le sue energie agiscono su di noi. La musica è molto potente, ma la sua capacità di agire sul nostro essere e di vitalizzarci diminuisce in relazione ad eventuali tensioni, resistenze, chiusure mentali, pensieri critici, atteggiamenti analitici, impazienza, distrazioni ecc. Se invece offriamo alla musica un corpo e una psiche rilassati, una mente aperta, essa vi penetra rivitalizzando.
 
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Fare o ascoltare musica non è un semplice passatempo, bensì un atto di comunione (Yoga) tra le forze dell’Universo che influenzano lo stato fisico, psichico, morale e di coscienza dell’essere umano. Nella terapia sonora e musicale è determinante il livello di coscienza individuale che crea un’onda portante del suono. E’ il livello di consapevolezza dell’individuo che produce un certo suono, ciò che verrà trasmesso alla persona ricevente a livello subliminale. Se sono collerico e produco un suono, la mia collera vi si imprimerà e verrà percepita a livello sottile da chi riceverà quel particolare suono modellato dalle emozioni e dai sentimenti. Quello che va oltre la frequenza sonora è lo scopo, il proposito e la volontà e coinvolge la persona in tutti i suoi aspetti, fisici, mentali, affettivi e spirituali. L’intenzione con cui vengono creati suoni e musica può creare effetti positivi e rinforzanti o negativi e debilitanti.

 

Il prof. Marco Ferrini descrive così la musica e la consapevolezza dell’ascolto:

 

“La musica può essere arte quando è fornita sottoforma di esperienza estetica, oppure può essere conoscenza quando è sottoforma di insegnamento. L’atteggiamento è quello di recepire con attenzione alta che colga anche ciò che non va, parlo quindi di attivare lo stato critico in cui si opera quell’importante discernimento fra ciò che è reale e non reale, corretto e non corretto, giusto o ingiusto. Bisogna riconoscere le stonature, gli errori, le strutture fallaci, sia in arte, sia nelle scienze, nella religione, in filosofia, in psicologia. Apertura al massimo ma anche con il massimo di attenzione perché chi ascolta sia consapevole non solo di ciò che sta ascoltando, ma anche di se stesso e dell’operazione che sta facendo ascoltando. Non si può essere addormentati, storditi, narcotizzati, sarebbe come lasciarsi andare ad uno stato di abbandono inferiore, pericoloso, che scivola nell’oblio. L’ascolto deve essere attento e rapito. Questa attenzione non compromette e non minaccia lo stato di rapimento, anzi lo salvaguarda dall’infiltrazione di condizionamenti, di virus che lo disturberebbero.”

 

Qui il prof. Ferrini descrive il rapporto tra musica ed emozioni:

 

“[…]Conosco a livello di neuroscienza, di neuropsicologia, quali sono le strutture cerebrali che producono e provocano le emozioni. So, anche per esperienza e conoscenza dell’antica filosofia, psicologia e scienza dei Veda, che le emozioni appartengono ad una realtà superiore. Si chiamano Rasa ed è solo la loro distorsione che sperimentiamo attraverso il nostro sistema nervoso. Qualsiasi artista ci proponga un’opera d’arte, suscita in noi degli stati d’animo e la vera arte ha proprio lo scopo di portarci al livello più alto nel ritrovare quelle emozioni che sono vicine ai rasa, ovvero alle emozioni spirituali. E’ chiaro che quelle emozioni, essendo appartenenti non a questo mondo, ma al mondo delle idee, direbbe Platone, sono fuori dal tempo e dallo spazio, quindi non si può dire che il pianto e il riso, la gioia e il dolore siano veramente in contraddizione, perché non esiste un prima e un dopo. La mia esperienza è: queste coppie di apparenti opposti non sono in contraddizione, su livello di esistenza trascendente: sono complementari nel produrre una gioia di tipo superiore. Ovvero: dolore e gioia cessano di essere opposti e vengono ad armonizzarsi su di un piano che li trascende entrambi. E’ per questo che nei grandi artisti si passa dalla gioia al dolore, dal riso al pianto senza percepire un contrastante stato d’animo, ma un’ispirazione sempre crescente, perché a quel livello gli opposti servono l’uno all’altro per lanciarci sempre più in alto”.
 
Così invece descrive la carica emotiva delle onde psichiche nel suo libro “Psicologia del ciclo della vita”:

 

“La carica emotiva acquisita al momento della percezione e trasformata in vritti dagli organi di senso, non si arresta al piano mentale né all’ego riflesso, e neanche si ferma alla buddhi o intelletto, ma continua il viaggio e si deposita nell’inconscio, incidendo una traccia invisibile ma permanente, altamente operativa sul carattere (samskara).

 

La corsa della vritti dunque non termina con il raggiungimento della buddhi. Quando una cosa l’abbiamo analizzata profondamente, ci sentiamo soddisfatti perché abbiamo assolto bene un compito, ma la carica emotiva di quella cosa finisce in una dimensione che non ha limiti fisici: l’inconscio. Questo termine richiamerà alla vostra memoria Freud, Jung ed altri psicologi occidentali più recenti, tuttavia, come spiegato in precedenza, la dimensione inconscia della psiche era già nota migliaia d’anni or sono ai saggi indiani col nome di karmashaya, il luogo dove si depositano emozioni, pensieri e percezioni, i quali, se opportunamente elaborati e compresi, non sono condizionanti per l’individuo.

 

Nel karmashaya le impressioni o samskara si aggregano per analogia, secondo le loro particolari caratteristiche: paure con paure, rancori con rancori, frustrazioni con frustrazioni, atti di generosità con atti di generosità e via dicendo; singole cariche emotive tendono a strutturarsi assieme, a far corpo a sé, creando così neoplasie psichiche sovraccariche emotivamente. Di per sé un solo samskara non sarebbe sufficiente a turbare la volontà del soggetto, ma quando si sommano diventano potenti e talvolta aggressivi, lo destabilizzano e arrivano perfino a travolgerlo, creando una disintegrazione della personalità.

 

Soggetti inibiti, affetti da turbamenti della personalità, rimangono come paralizzati tra il fare una cosa e il non farla e possono indugiare un tempo esasperatamente lungo, odiando sé stessi. Nel loro inconscio si sono create in questo caso tendenze (vasana) tra loro in conflitto, che generano complessi, frustrazioni e fobie strazianti.

 

Il contenuto del karmashaya si manifesta sul piano della coscienza in diverse maniere; una delle principali è il sogno. L’esperienza onirica, a volte negativa e a volte positiva, è di notevole importanza ai fini dell’integrazione della personalità. I contenuti inconsci possono peraltro affiorare anche a seguito di uno spavento, di una grave crisi affettiva, di una perdita, di un lutto; meno spesso a causa di emozioni intensamente piacevoli”.

 

(13) L’amigdala è un centro del sistema limbico del cervello. Il termine deriva dalla parola greca che significa mandorla. É un gruppo di strutture interconnesse, a forma appunto di mandorla, posto sopra il tronco cerebrale, vicino alla parte inferiore del sistema limbico.